Telling Europe

Tuesday, 23. May 2006

Il nonno Gaetano di Franca Milani

RACCONTARE L’EUROPA - Roma

Il nonno Gaetano
di Franca Milani

Sono nata a Ferrara, una piccola città della bassa padana, nel 1937. Gli inverni della mia infanzia erano molto freddi e nevosi. Almeno una volta l’anno restavo a casa da scuola quindici giorni con una bella bronchite. I medici mi curavano con impiastri, con sciroppi abbastanza disgustosi e tenendomi a letto. Per farmi passare il tempo mia madre mi dava un grosso album di fotografie di famiglia ed una scatola piena dei miei oggetti più preziosi, tra i quali una decina di medaglie che mio nonno, all’inizio del ‘900, aveva ricevuto in premio per gli abiti che presentava a Londra in un’esposizione.

Non avevo mai conosciuto il nonno Gaetano, morto un anno prima che io nascessi, ma sapevo che faceva il sarto da uomo e che la sua sartoria era molto rinomata a Ferrara. Andava a Londra quasi ogni anno per acquistare i famosi tessuti di lana inglese con cui venivano confezionati abiti o cappotti su misura per i suoi clienti. Il nome di quella città leggendaria e la fotografia di mio nonno, seduto ben ritto in posa davanti al fotografo, elegantemente vestito con giacca e panciotto, pantaloni impeccabili ed un’appariscente cravatta, stimolavano la mia fantasia.

Ho ripensato a mio nonno, quando nel 1957 ho attraversato la frontiera italiana diretta a Londra per imparare la lingua. Era la prima volta che lasciavo l’Italia per un paese in gran parte piú sognato che conosciuto. Un viaggio avventuroso, durato una notte ed un giorno sui treni del primo dopoguerra. A Basilea di notte la mia carrozza subí un principio d’incendio e tutti i passeggeri furono trasferiti in un’altra carrozza. Cosí, seduta su uno strapuntino nel corridoio della carrozza vicina, arrivai finalmente a Calais. Il pungente odore delle sigarette Gauloise, appena entrati in Francia, la confusione all’imbarco sul traghetto della Manica, il mare agitato e la molta gente che si sentiva male, le valigie degli emigranti legate con lo spago, il controllo della valuta, l’interrogatorio del policeman all’arrivo a Folkestone, e poi le persone conosciute alla scuola di lingue … un professore di Coblenza, una segretaria di Colonia, un medico spagnolo, un’universitaria francese… sono ricordi indelebili del mio primo incontro con l’Europa.

Sono passati quasi 50 anni e, per mantenere la metafora del viaggio, si può dire che, se anche molto resta da fare, di strada ne ha percorsa la nostra generazione per far avvicinare i popoli ed i paesi dell’Europa.

Sunday, 19. February 2006

Intervista a Augusto Milana di Andrea Ciantae e Viviana Frisina

“L’Europa in una stanza”

Intervista ad Augusto Milana
di Andrea Ciantar e Viviana Frisina

Introduzione
La prima esperienza d’Augusto con l’Europa comincia all’interno di una stanza. La stanza di suo zio, Carlo, tappezzata di foto dei Campi di Lavoro Europei del Movimento Cristiano per la Pace, e dalle bandierine dei vari paesi. Dalla curiosità nasce così il desiderio di conoscere più da vicino l’Europa, attraverso la partecipazione ai campi di lavoro internazionali.
Questa esperienza porterà Augusto ad impegnarsi in prima persona nella costruzione del movimento giovanile europeo, non solo come volontario ed organizzatore di campi di lavoro, ma anche come promotore di iniziative sociali e culturali ....

Intervista-ad-Augusto-Milana-di-Andrea-Ciantar-e-Viviana-Frisina (doc, 31 KB)

Sunday, 4. December 2005

Intervista a un amico di Emilia Fiorini - Roma

Avevo studiato la lingua francese: bella ma poco utile nella vita; più utili spagnolo e inglese.
Per complicarmi la vita, vado a vivere in Inghilterra. A 60 km. da Londra, abito con due brasiliani, vado a scuola di lingua, poi ad abitare con un compagno di scuola, coreano. Io latino, in paese anglosassone, vivendo al modo orientale. Poi alloggerò da una professoressa di inglese per stranieri, ma norvegese. C'erano altri tre ragazzi inglesi: con la lingua me la sono cavata dopo sei mesi di permanenza lì.
Ho capito che ci sono dei caratteri comuni, nonchè delle differenze.
Di estate arrivano gruppi di studenti, non ci sono vacanze. E' arrivata una miriade di studenti russi tra i 13 e i 18 anni, indice di un ritrovato equilibrio con la ex Unione Sovietica. Poi, l'incontro con un polacco e uno svedese, che con un greco, un lituano e due ragazze polacche ed una francese - pur non conoscendosi - hanno lavorato insieme attraverso una struttura dell'Unione Europea - mi hanno dato la sensazione piena dell'Europa.
Ed anche mi hanno permesso dei distinguo: gli inglesi per loro conto, un po' anche i francesi; mi ha stupito che i tedeschi si comportino in modo più aperto; si, mi sono stupito: li credevo più freddi, meno passionali. Ma i giudizi scaturiscono dal confronto con noi.
A livello di Europa avevamo idea abbastanza simile, buona. Non per l'appartenenza a un continente, ma la sensazione di appartenere a qualcosa di grande e di simile.
Non deriva da radici lontane, ma dalla volontà di crescita e di scambio.

L'Unione Europea di Emilia Fiorini

Ho già espresso la mia opinione di essere cittadina del mondo, che risiede in Europa.
Infatti i nostri incontri avvengono tra europei. Ed è un inizio di costruzione di Europa, dal basso.
L'Europa Unità è un'entità economico-politica, con al sua interno ancora delle differenziazioni - vedi l'Inghilterra che mantiene la sua sterlina. E fa parte dell'Europa unita? Non a caso Olanda e Francia si sono espresse contro l'euro.
Ma i nostri progetti sono motivati dall'importanza di conoscenza, comprensione, fusione delle finalità.
Penso che basterebbe il rispetto per i diversi da noi, visto che le differenze portano arricchimento della conoscenza, quindi cultura. Si deve incrementare l'accoglienza, l'aiuto dove occorre. La moneta unica e l'eliminazione del passaporto non bastano.
L'Europa unita non deve diventare cosa morta ma veramente un "sostanziale"incontro dei popoli.
La strada sarà lunga; la politica, ma la politica economica in particolare, produce dissensi e temo che l'unificazione totale sia ancora lontana dall'essere raggiunta. Mentre si avverte l'unificazione concettuale tra le persone, il desiderio e la necessità di questa Europa unita.
Non è un'utopia, perché non dobbiamo perdere la speranza ma lavorare nella direzione dell'unità: che significa anche pace. Per non sentir più dire da due mie amiche, che si vergognano di essere cittadine di una certa nazione.

Friday, 2. December 2005

...

Raccontare l’Europa


Fernanda intervista Fernanda


D. Oggi ti senti più italiana o europea?

R. Non c’è contraddizione. E’ la stessa cosa. In Europa ci sono sempre stata anche perché vivere in una città come Roma, vuol dire essere al centro dell’Europa, al centro del mondo. E’ una città situata tra l’oriente e l’occidente e ne subisce tutti gli influssi. E per le diverse realtà che esistono in questa città, mi sento come se vivessi nelle altre città dell’Europa.

D. Ti senti sicura sotto la bandiera dell’Unione?

R. Diversamente da certi stati dell’Unione, come la Lettonia, ed altri stati minori, la bandiera della mia nazione è già un punto di riferimento sicuro. Per anni ho lavorato alle dipendenze di un’azienda di telecomunicazione e sulla finestra della mia stanza, in occasione delle festività nazionali, veniva issata la bandiera tricolore. Era per me motivo di orgoglio ed un privilegio.
La bandiera dell’Unione è solo il simbolo di una situazione che non ha ancora la stabilità giusta per farmi sentire anche cittadina europea. E’ pur vero che l’abbattimento delle frontiere mi consente di transitare da uno stato all’altro con problemi burocratici ridotti, ma l’eliminazione dei passaporti non è abbastanza per unire i popoli L’Unione necessita di traguardi più importanti, per ora, difficili da raggiungere.
Quando leggo le poesie di Garcia Lorca, di Jacques Prévert di Wystan Hugh Auden, quando ascolto Wagner, Beethoven, Mozart, Chopin, è solo in quei momenti che avverto l’esistenza di un’Europa meravigliosa alla quale desidero far parte.

D. I libri, la musica, quindi, sono di aiuto a farci meglio capire i sentimenti degli altri popoli, la loro mentalità, il loro modo di essere, di soffrire e di gioire. Servono a darci delle risposte e qualche volta a dissipare gli infiniti dubbi e perplessità e a farci sentire più consapevoli della realtà delle cose?

R. Sono convinta, come ripeto, che la letteratura e la musica siano – insieme ad altri - mezzi efficaci per raggiungere il sentimento di unione, per la comunicazione tra diverse etnie. Sono di aiuto per rivedere il passato e trovare altre verità.

D. A cosa attribuisci questa affannosa ricerca delle nostre radici?
R. La globalizzazione è uno degli aspetti fondamentali di questo fenomeno.
Oggi riscopriamo la nostra cucina, la nostra musica, il nostro cinema…è un modo per non perdere la nostra identità, le nostre radici.

D. Ricordare è utile?

R. Ognuno ha la sua memoria. L’importante è che non ci sia competizione. Deve esserci solo un processo di avvicinamento alla verità anche se costa fatica, dolore e tempo.

D. Parlami di te.

R Ieri, divisa tra casa, lavoro e famiglia mi chiedevo perché tanta fatica e quando sarebbe cambiata la mia vita.
Non c’era l’euro, non c’era la bandiera europea, l’inno che conoscevo era solo quello di Mameli. E mi sentivo importante quando andavo a fare le pratiche per il passaporto. Combattevo per far valere i miei diritti di donna: per votare SI o NO all’aborto, SI o NO al divorzio, per inserire gli asili nido nei luoghi di lavoro, per la parità. Mi battevo per essere trattata e rispettata come l’altro sesso. Traguardi importanti raggiunti solo in parte e con fatica.
Oggi le mie battaglie sono diverse, e non più semplici…
Oggi i giovani non trovano lavoro, la droga li distrugge, le famiglie si allargano… gli individui sono sempre più soli. Questa è l’atmosfera che mi (ci) circonda, causa di tante insicurezze. Chissà se con l’Unione europea si potranno risolvere anche questi problemi?!

Raccontare l'Europa di Fernanda Sacchieri

Raccontare l’Europa
Telling Europe
di Fernanda Sacchieri


Autobiografie, diari, storie di vita per narrare il sentimento dell’Europa

“L’Europa non potrà farsi in una sola volta,
né sarà costruita tutta insieme,
ma sorgerà da realizzazioni concrete che creino
anzitutto una solidarietà di fatto”
(Schuman – 9 maggio 1950)


Grundtvig 2 ha dato vita al progetto “Raccontare l’Europa” che l’Upter ha messo in atto dall’agosto 2004 con l’aiuto, la disponibilità e la competenza di un gruppo di volontari.
L’obiettivo “ambizioso” del progetto è quello di tentare di far emergere, attraverso le diverse forme di scrittura (auto-biografie, epistolari, diari) il sentimento di appartenenza nei confronti della comunità europea.
I lavori finora portati avanti dai partecipanti al progetto rispecchiano molto chiaramente il desiderio di rafforzare quel sentimento di un’Europa sempre più unita.
L’importanza di questo progetto si può misurare con il suo risultato immediato – gl’incontri e i dibattiti nazionali e transnazionali, le memorie e le scritture di sé, le interviste, le ricerche storiche e il concorso –, ma anche con la capacità che ha avuto di coinvolgere oltre l’Italia altri partner europei come la Germania, la Spagna, il Belgio.
Con questo progetto si vuole, altresì, dimostrare quanto la diversità delle culture nazionali sia la ricchezza dell’Europa.
Un’antologia, una rappresentazione teatrale, un sito internet sono alcuni dei prodotti che l’Upter si prefigge di realizzare per diffondere il sentimento di un’Europa unita e multietnica.
Per rendere più efficace il messaggio che l’Upter desidera far giungere a tutti: iscritti e non iscritti, si é pensato di inserire nel progetto il concorso “Raccontare l’Europa”, le cui modalità di partecipazione sono indicate nel sito: www.europestories.org.
Preziosa è quindi la voce di coloro che vogliono renderci partecipi del loro vissuto perché restituisce ad ogni evento la sua umanità, mostra gli stati d’animo e svela i sentimenti.

Info: www.europestories.org
Upter – via del Corso 101- 00186 Roma
Tel. 06 69204355 – e.mail: unmondodistorie@upter.it

Wednesday, 30. November 2005

Sentirse Eurpeos

SENTIRSE EUROPEOS

De Giovanni Marzocchi – La Roca del Vallès

Después de haber vivido durante 30 años en un pequeño pueblo italiano, decidí, en el año 1988 dejarlo todo y irme a vivir en España.
Fue una elección dictada por una libre elección personal, no obligada, como fue el caso de tantas personas que durante siglos tuvieron que abandonar su propio país a la búsqueda de una vida mejor.
Probé un conjunto de sentimientos: alegría, miedo, esperanza…a veces probé la sensación de irme al exilio.
Que encontraría más allá de esta frontera? Me habrían aceptado por lo que era? Podría comenzar fácilmente una nueva vida?
Fue difícil comenzar esta nueva etapa de mi existencia, mas que nada por el miedo de dejar atrás tantas cosas, tanto “VIVIDO”.
Tengo que decir, pero, que de seguida me sentí parte integrante de esta nueva vida, quizás porqué, desde el principio, busqué con todas mis fuerzas la plena integración.
Abrazar aquella nueva cultura, las maneras diversas de vivir, fue para mi la única manera para sentirme parte integrante de aquella nueva sociedad, que aunque fuera diversa, estaba formada por individuos como yo, que dia tras dia buscan una total integración.
Hoy pienso que el hecho de haber nacido en otro país, de parlar otro idioma, de tener costumbres distintas, no nos hace mejores ni peores.
Simplemente somos seres humanos que buscan, de todas las maneras, ser felices.
Creo que por sentirnos verdaderamente parte integrante de esta “nueva Europa” es indispensable aceptar el hecho diferencial y verlo como un motivo de enriquecimiento cultural, indispensable para hacer de este nuevo experimento la base para una sociedad verdaderamente plural, donde todos podemos plasmar el nuestro futuro en plena libertad.

Il mio sentimento per l'Europa di Alkhatib

Il mio sentimento per l’Europa
Io Europeo
di Alkhatib– Firenze
Pieve Santo Stefano

Io devo dire che mi sento assolutamente europeo dal momento che sono nato qui e che vivo in Italia da più di 10 anni. In certi momenti della vita mi accorgo di vivere in un magnifico continente unito che mi da un senso di fratellanza e sicurezza con tutti. Avendo la cittadinanza posso andare a scuola e così avere in futuro una vita fortunata con un lavoro e a differenza di qualche altra persona sfortunata posso vivere tranquillo.
L’Europa come continente a me piace molto perché ogni paese ha una propria caratteristica, dalla cucina ai monumenti storici e artistici, i propri sport. Quindi si può dire che è un continente particolarmente piacevole anche da visitare, essendo molto diverso dall’America, dall’Asia o dall’Africa. Però non vorrei escludere questi ultimi continenti altrettanto interessanti, anche perché in effetti sono per metà arabo, avendo il padre di origine giordana. Così sono doppiamene fortunato di poter visitare un altro continente molto diverso dal nostro.

Figlio della diarista Elena Lai – Abito a Firenze

Sentirsi Europei

SENTIRSI EUROPEI

Di Giovanni Marzocchi – La Roca del Vallès

Dopo aver vissuto durante 30 anni in un piccolo paese italiano, decisi, nell’anno 1988 lasciare tutto e andare a vivere in Spagna.
Fu una scelta dettata da una decisione personale libera, non obbligata come fu il caso di tante persone che durante secoli dovettero abbandonare il suo proprio paese in cerca di una vita migliore.
Provai un insieme de sentimenti: allegria, paura, speranza...a volte provai la sensazione di andare all’esilio.
Cosa avrei trovato aldilá di quella frontiera? Mi avrebbero accettato per quello che ero? Avrei potuto iniziare facilmente una nuova vita?
Fu difficile cominciare questa nuova tappa della mia esistenza, piú che altro per la paura di lasciare indietro tante cose, tanto “VISSUTO”
Devo dire, peró, che subito mi sentii parte integrante di questa nuova vita, chissá perché, fin dall’inizio, cercai con tutte le mie forze la piena integrazione.
Abbracciare quella nuova cultura, i modi di vivere diversi, fú per me l’unico modo per sentirmi parte integrante di quella nuova societá, che pur essendo diversa, era formata da individui come me, che giorno dopo giorno cercano una totale integrazione.
Oggi penso che il fatto di essere nato in un altro paese, di parlare un’altra lingua, di avere abitudini diverse, non ci fa ne migliori ne peggiori.
Semplicemente siamo esseri umani che cercano, in tutti i modi, di essere felici.
Credo che per sentirci veramente parte integrante di questa “nuova Europa” é indispensabile accettare il fatto differenziale e vederlo come un motivo di arricchimento culturale, indispensabile per fare di questo nuovo esperimento la base per una societá veramente plurale, dove tutti possiamo plasmare il nostro futuro in piena libertá.

Friday, 11. November 2005

“Quella è l’ammiraglia di Nelson” "Quale?" .... Oggetto Mediatico di Elena Lai

Oggetto mediatico
Di Elena La
Firenze

“Quella è l’ammiraglia di Nelson”
“Quale?”
“Non la vedi mamma?”
Quante volte ci sono passata davanti, ho sempre desiderato vederla e ricordare quello che mi unisce alla storia…cioè quella che studiavo a scuola, quando la storia mi apriva alla grande avventura. Con l’Inghilterra era Europa o non Europa? Come non so spaziare in Italia non so spaziare fuori. La paura di perdermi non mi fa mai allungare il passo. Ma quella nave la voglio proprio vedere, ha solcato i mari e io l’ho studiato a scuola.
Il traghetto per l’isola di Weight sta partendo a Pourtsmoth quando da lontano la nave maestosa con la promessa: “Torno a vederti storia!”. E tornando da Weight la guardo ancora: “Voglio vederti…Nelson, che bella ammiraglia!”. Gli inglesi sono straordinari come la amano. Ma sto guardando da lontano e guardo l’orologio, ho paura di allontanarmi, di perdere la strada, di perdere il traghetto, di perdere i figli…
Tutte le volte ripeto questo rito! Non vedo niente, non vedo luoghi, non vedo la nave, non vedo altro che la mia adorata sorella che mi chiede, appena arrivo all’isola di Weight: “Elena, hai visto la nave?”
“Non ho fatto in tempo…”
“Oh, ma allora…!”
E così la nave m’aspetta, mentre l’Europa è venuta a me…

Vorreste tradurre questo testo e spedire un commento all´autrice?:
Mandate una mail a renata.caratelli@libero.it

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