...
Raccontare l’Europa
Fernanda intervista Fernanda
D. Oggi ti senti più italiana o europea?
R. Non c’è contraddizione. E’ la stessa cosa. In Europa ci sono sempre stata anche perché vivere in una città come Roma, vuol dire essere al centro dell’Europa, al centro del mondo. E’ una città situata tra l’oriente e l’occidente e ne subisce tutti gli influssi. E per le diverse realtà che esistono in questa città, mi sento come se vivessi nelle altre città dell’Europa.
D. Ti senti sicura sotto la bandiera dell’Unione?
R. Diversamente da certi stati dell’Unione, come la Lettonia, ed altri stati minori, la bandiera della mia nazione è già un punto di riferimento sicuro. Per anni ho lavorato alle dipendenze di un’azienda di telecomunicazione e sulla finestra della mia stanza, in occasione delle festività nazionali, veniva issata la bandiera tricolore. Era per me motivo di orgoglio ed un privilegio.
La bandiera dell’Unione è solo il simbolo di una situazione che non ha ancora la stabilità giusta per farmi sentire anche cittadina europea. E’ pur vero che l’abbattimento delle frontiere mi consente di transitare da uno stato all’altro con problemi burocratici ridotti, ma l’eliminazione dei passaporti non è abbastanza per unire i popoli L’Unione necessita di traguardi più importanti, per ora, difficili da raggiungere.
Quando leggo le poesie di Garcia Lorca, di Jacques Prévert di Wystan Hugh Auden, quando ascolto Wagner, Beethoven, Mozart, Chopin, è solo in quei momenti che avverto l’esistenza di un’Europa meravigliosa alla quale desidero far parte.
D. I libri, la musica, quindi, sono di aiuto a farci meglio capire i sentimenti degli altri popoli, la loro mentalità, il loro modo di essere, di soffrire e di gioire. Servono a darci delle risposte e qualche volta a dissipare gli infiniti dubbi e perplessità e a farci sentire più consapevoli della realtà delle cose?
R. Sono convinta, come ripeto, che la letteratura e la musica siano – insieme ad altri - mezzi efficaci per raggiungere il sentimento di unione, per la comunicazione tra diverse etnie. Sono di aiuto per rivedere il passato e trovare altre verità.
D. A cosa attribuisci questa affannosa ricerca delle nostre radici?
R. La globalizzazione è uno degli aspetti fondamentali di questo fenomeno.
Oggi riscopriamo la nostra cucina, la nostra musica, il nostro cinema…è un modo per non perdere la nostra identità, le nostre radici.
D. Ricordare è utile?
R. Ognuno ha la sua memoria. L’importante è che non ci sia competizione. Deve esserci solo un processo di avvicinamento alla verità anche se costa fatica, dolore e tempo.
D. Parlami di te.
R Ieri, divisa tra casa, lavoro e famiglia mi chiedevo perché tanta fatica e quando sarebbe cambiata la mia vita.
Non c’era l’euro, non c’era la bandiera europea, l’inno che conoscevo era solo quello di Mameli. E mi sentivo importante quando andavo a fare le pratiche per il passaporto. Combattevo per far valere i miei diritti di donna: per votare SI o NO all’aborto, SI o NO al divorzio, per inserire gli asili nido nei luoghi di lavoro, per la parità. Mi battevo per essere trattata e rispettata come l’altro sesso. Traguardi importanti raggiunti solo in parte e con fatica.
Oggi le mie battaglie sono diverse, e non più semplici…
Oggi i giovani non trovano lavoro, la droga li distrugge, le famiglie si allargano… gli individui sono sempre più soli. Questa è l’atmosfera che mi (ci) circonda, causa di tante insicurezze. Chissà se con l’Unione europea si potranno risolvere anche questi problemi?!
Fernanda intervista Fernanda
D. Oggi ti senti più italiana o europea?
R. Non c’è contraddizione. E’ la stessa cosa. In Europa ci sono sempre stata anche perché vivere in una città come Roma, vuol dire essere al centro dell’Europa, al centro del mondo. E’ una città situata tra l’oriente e l’occidente e ne subisce tutti gli influssi. E per le diverse realtà che esistono in questa città, mi sento come se vivessi nelle altre città dell’Europa.
D. Ti senti sicura sotto la bandiera dell’Unione?
R. Diversamente da certi stati dell’Unione, come la Lettonia, ed altri stati minori, la bandiera della mia nazione è già un punto di riferimento sicuro. Per anni ho lavorato alle dipendenze di un’azienda di telecomunicazione e sulla finestra della mia stanza, in occasione delle festività nazionali, veniva issata la bandiera tricolore. Era per me motivo di orgoglio ed un privilegio.
La bandiera dell’Unione è solo il simbolo di una situazione che non ha ancora la stabilità giusta per farmi sentire anche cittadina europea. E’ pur vero che l’abbattimento delle frontiere mi consente di transitare da uno stato all’altro con problemi burocratici ridotti, ma l’eliminazione dei passaporti non è abbastanza per unire i popoli L’Unione necessita di traguardi più importanti, per ora, difficili da raggiungere.
Quando leggo le poesie di Garcia Lorca, di Jacques Prévert di Wystan Hugh Auden, quando ascolto Wagner, Beethoven, Mozart, Chopin, è solo in quei momenti che avverto l’esistenza di un’Europa meravigliosa alla quale desidero far parte.
D. I libri, la musica, quindi, sono di aiuto a farci meglio capire i sentimenti degli altri popoli, la loro mentalità, il loro modo di essere, di soffrire e di gioire. Servono a darci delle risposte e qualche volta a dissipare gli infiniti dubbi e perplessità e a farci sentire più consapevoli della realtà delle cose?
R. Sono convinta, come ripeto, che la letteratura e la musica siano – insieme ad altri - mezzi efficaci per raggiungere il sentimento di unione, per la comunicazione tra diverse etnie. Sono di aiuto per rivedere il passato e trovare altre verità.
D. A cosa attribuisci questa affannosa ricerca delle nostre radici?
R. La globalizzazione è uno degli aspetti fondamentali di questo fenomeno.
Oggi riscopriamo la nostra cucina, la nostra musica, il nostro cinema…è un modo per non perdere la nostra identità, le nostre radici.
D. Ricordare è utile?
R. Ognuno ha la sua memoria. L’importante è che non ci sia competizione. Deve esserci solo un processo di avvicinamento alla verità anche se costa fatica, dolore e tempo.
D. Parlami di te.
R Ieri, divisa tra casa, lavoro e famiglia mi chiedevo perché tanta fatica e quando sarebbe cambiata la mia vita.
Non c’era l’euro, non c’era la bandiera europea, l’inno che conoscevo era solo quello di Mameli. E mi sentivo importante quando andavo a fare le pratiche per il passaporto. Combattevo per far valere i miei diritti di donna: per votare SI o NO all’aborto, SI o NO al divorzio, per inserire gli asili nido nei luoghi di lavoro, per la parità. Mi battevo per essere trattata e rispettata come l’altro sesso. Traguardi importanti raggiunti solo in parte e con fatica.
Oggi le mie battaglie sono diverse, e non più semplici…
Oggi i giovani non trovano lavoro, la droga li distrugge, le famiglie si allargano… gli individui sono sempre più soli. Questa è l’atmosfera che mi (ci) circonda, causa di tante insicurezze. Chissà se con l’Unione europea si potranno risolvere anche questi problemi?!
renata caratelli - 2. Dec, 17:41